Cosa vogliamo dire quando scriviamo “solo donne (cis, trans e queer)”?

Siete state attentə? Avete notato che, da un po’ di tempo, stiamo lavorando al tema dell’inclusività rispetto al genere, alla sua rappresentazione nei nostri eventi e, più in generale, rispetto al nostro progetto? Questione complessa che ci ha impegnatə parecchio perchè abbiamo voluto ascoltare molti pareri, vissuti, voci, incontrare, anche in presenza (oltre le tastiere), chi li abita e rappresenta, leggere molto e soprattutto fare un paio di cose che, spesso, sembrano molto difficili: metterci in discussione e cercare di coniugare, in un progetto, le esigenze di un sapere teorico corretto con quelle della pratica concreta, vissuta sui nostri corpi e su quelli di chi vuole attraversare gli spazi che creiamo. Spazi kinky e bdsm, spazi della discussione e della fisicità dei desideri. Alla luce di tutto questo malloppo di questioni abbiamo deciso di cambiare la dicitura “breve”, riportata sui nostri eventi, che da adesso presentano quasi la stessa asticella dei nostri esordi: evento per donne (cis, trans e queer). Se avete pazienza e voglia, qui sotto spieghiamo cosa intendiamo con questa formula inevitabilmente riduttiva della complessità umana e vi raccontiamo un po’ del nostro progetto. Ogni volta che pubblicheremo un evento ci sarà comunque sempre uno spiegone, perchè crediamo sia molto importante che il nostro progetto sia raggiunto dal maggior numero possibile di persone che possono giovarsene, sempre nell’ambito della nostra mission.

KinkyGirls è un collettivo che organizza eventi separatisti, senza scopo di lucro, per promuovere cultura kinky-bdsm.
Perché ci occupiamo di politica e cultura kinky e bdsm partendo da un’ottica separatista?
Il nostro collettivo è stato fondato e, ancora oggi, è composto da persone afab con diverse identità di genere e orientamento sessuale, tutte praticanti attivamente bdsm, da diversi anni, sia a livello privato che pubblico, anche attraverso realtà associative ed eventi strutturati e periodici. Partendo dalle nostre specificità, passioni ed esperienze dirette, abbiamo sentito la necessità di creare uno spazio sicuro, il più possibile lontano dalle dinamiche eteronormative e patriarcali che particolarmente permeano gli ambienti privati e pubblici bdsm e sex positive. Dare corpo, tempo e occasioni all’emersione e sperimentazione di questi desideri è la nostra mission fin dall’inizio; per questo motivo i nostri munch di conoscenza e approfondimento e le nostre feste di gioco presentano la chiusura ad alcune identità. Nel nostro paese nessunə aveva mai pensato di creare uno spazio dove le donne (cis, trans e queer), potessero sperimentare i propri desideri kinky tra pari, unicamente tra persone che si identificano come donne o che come donne sono state assegnate e/o socializzate, non riconoscendo che esiste un’ampia questione di sicurezza degli spazi sex positive e di colonizzazione eteronormativa dell’immaginario e delle pratiche kinky e bdsm.

Cosa vogliamo dire quando scriviamo “solo donne (cis, trans e queer)”?
KinkyGirls abbraccia una politica queer, con il termine “donne” si riferisce alle persone che si riconoscono tali, in maniera costante e quotidiana, esprimendosi all’interno di uno spettro infinito di possibilità soggettive; alle persone che condividono l’essere state assegnate F alla nascita in una condizione sociale di minore accesso a luoghi e desideri di un certo tipo, nonché di peculiari difficoltà all’interno della perniciosa cultura patriarcale.
Possono attraversare i nostri spazi e anzi essi sono pensati esattamente per loro: donne cis di qualunque orientamento sessuaffettivo; donne trans a prescindere dai loro genitali, medicalizzate o meno; persone afab che non vogliono negare ma condividere e mettere in discussione la propria esperienza di assegnazione binaria “F” alla nascita, con tutto ciò che comporta sul piano sociale e le persone socializzate “donne”, che siano o meno allineatə a questa socializzazione; donne queer che declinano la propria assegnazione e la propria socializzazione in maniera assolutamente soggettiva, libera e rivoluzionaria.Non si tratta di condividere un ipotetico “destino biologico” o un’ identità ontologica, ma una condizione, accomunata da un trattamento specifico, causata dalla cultura patriarcale particolarmente impattante sulle pratiche e i desideri di natura erotica, sessuale, emotiva.
Per chi nelle nostre definizioni e parole chiave si ritrova, ma fino a un certo punto? Chi è questioning? Chi sente che i nostri spazi possano essere un porto sicuro, ma non è certə di rientrare nel target? Non siamo un’azienda commerciale, non guardiamo nelle mutande né sulle carte d’identità, se non per ragioni legate alle normative vigenti su associazioni e simili. Siamo un collettivo militante, siamo persone bdsmers come voi: scriveteci e ci sentiremo per telefono, ci incontreremo davanti a un caffè e ci orienteremo insieme (chiaramente l’ultima parola rimane la nostra che abbiamo la titolarità del progetto, ma possiamo anche dare dritte per realtà diverse da noi).Con questa scelta separatista, alla base di molti fondamentali momenti politici del nostro passato e anche del nostro presente, riconosciamo la forza trasformatrice e la profondità delle relazioni tra pari, soprattutto quando toccano terreni legati ai corpi, ai desideri, alle sessualità non convenzionali, da sempre habitat culturalmente colonizzati e maneggiati dagli uomini.

Sappiamo bene che il patriarcato e il maschilismo sono dentro tutte/ə noi e non siamo così ingenuə da pensare che ce ne caveremo fuori con un paletto all’ingresso, ma rivendichiamo la possibilità di avere uno spazio nostro dove poter parlare e sperimentare con linguaggi, modi e tempi che riteniamo adatti a noi. Sempre convintə che il separatismo, con la sua pratica del partire da sé, non sia sinonimo di “esclusione”, piuttosto un canale funzionale a creare nuova cultura, quanto più possibile senza ingerenze maschiliste, maggiori opportunità e accessibilità per chi nel mondo difficilmente ne trova, creare safe space e situazioni di agio per divertirci e creare nuovo sapere senza alimentare disagi, paure e imbarazzi.

Consideriamo il nostro un work in progress fatto specialmente di scelte funzionali alle nostre priorità, intese soprattutto come sicurezza e vivibilità dei nostri eventi, essendo essi di ambito prettamente kinky e bdsm.

Gli spazi pubblici devono poter essere attraversati da tuttə; gli spazi politici privati devono essere il più safe possibile e adeguati alle priorità di chi li crea.

P. S. un ringraziamento a chi ci ha aiutate, supportate, attese, anche criticate (costruttivamente). A chi sa e vuole conoscere realmente il nostro progetto. https://www.kinkygirls.it/


2 Risposte a “Cosa vogliamo dire quando scriviamo “solo donne (cis, trans e queer)”?”

  1. Selva

    Il tutto mi incuriosisce molto benché non sappia il senso di molte sigle (afab????) e se un vostro evento capiterà in in periodo in cui soldi e tempo x me lo renderanno possibile , verrei/verrò. Personalmente mi “definisco” “lesbosaffica”, nata biologicamente femmina e ben felice di esserlo ma non mi tocca nessun ‘genere’ o definizione di sé purché non si pretenda di stabilire una “verità” x tutte.

    • wp_8920321

      Ciao! AFAB vuol dire “assegnate femmine alla nascita”. La partecipazione alle feste costa 15 euro compresa prima consumazione e 5 euro di tessera del locale solo la prima volta. Calcola che la prossima sarà il 20 marzo. Speriamo di averti tra noi!

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